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La Chiesa madre di Chiusa Sclafani era già ritenuta parrocchiale nel 1350, e ottenne tale riconoscimento nel 1451. Al suo sorgere, la parrocchia non era molto grande ma era importante per la sua struttura gotica. Fino al 1543, la chiesa era retta da un arciprete, coadiuvato da 7 sacerdoti, che costituivano la Comunia. Nel 1609, il numero fu portato a 24 ed il vescovo di Agrigento sotto la cui giurisdizione Chiusa si trovava, emise un decreto detto di "Unione" perchè univa sotto la chiesa parrocchiale tutti i benefici semplici e i legati, formando una "massa" per tutti i sacerdoti del luogo. Nel corso del XVIII secolo una frana distrusse la parrocchia che venne ricostruita a partire dal 1772 e che venne aperta al culto nel 1816. Nel 1844, Chiusa Sclafani passò sotto la giurisdizione dell'Arcidiocesi di Monreale. Il Santuario si presenta a forma basilicale, a tre navate, con presbiterio e cupola; dispone di quindici cappelle e di una cripta nella quale si conserva la preziosa Immagine del Santo Volto di Gesù. La Chiesa, costruita nel 1771, fu benedetta ed aperta al culto il 21 novembre 1813. Il terremoto del 1968 apportò notevoli danni alla magnifica costruzione: sono crollati i tetti, la volta centrale, le tre absidi. I lavori di restauro iniziati nel 1978 e ripresi successivamente nel 1985-86, 1990-91 ed infine nel 2002-03 stanno restituendo alla Chiesa Madre Santuario il suo antico splendore. C’è da ricordare comunque che il 1° maggio 1986, dopo ben 18 anni, la Chiesa è stata riaperta al culto mentre si celebrava il 150° anniversario delle Lacrimazione della Madonna a Chiusa Sclafani. Poche le notizie in possesso, ma appare certo che la costruzione del primo nucleo del monastero benedettino risale alla fine del XV secolo ampliato e modificato più volte nel corso dei secoli. Nella metà del XVII secolo entra sotto l'orbita del vicino monastero di Santa Maria del Bosco aderendo all'ordine dei Benedettini-Olivetani, passaggio che permise al monastero di Chiusa di crescere e ampliarsi. Nel 1866, dopo l'Unità d' Italia e la soppressione degli ordini religiosi, il bene passerà nella proprietà di privati.Acquisito dal comune negli anni '90 è stato oggetto di un'importante opera di restauro che lo ha restituito alla comunità.Molto probabilmente, al piano terra erano sistemati il refettorio, la cucina, il magazzino che si affacciano sull'ampio cortile centrale che dà ampio respiro alla struttura. Al piano superiore si trovavano le cellette delle suore e la cappella privata dove è possibile vedere un affresco sul soffitto e due stucchi alle pareti. Di costruzione secentesca, il tempio ha una disarmante semplice facciata che lo rende quasi anonimo ma l’interno, ad unica navata, è un merletto continuo di stucchi, medaglioni, intarsi e affreschi tutti datati tra il XVII e il XVIII secolo, attribuiti alla scuola del Serpotta. Edificato tra il 1623 e il 1627 dal sacerdote Paolo Paternostro, fu arricchito sotto la signoria del Principe Marco Antonio Colonna e per molti anni servì come Pantheon alla stessa famiglia. Il cappellone è contornato da quattro colonne laterali con le statue di S. Giovanni Battista e del Profeta Elia. La nicchia dell’altare è sovrastata dall’allegorico trionfo della fede rappresentato da un aquila cavalcata da un putto che da fiato ad una tromba.Il gruppo centrale della volta rappresenta il Giudizio Universale, composto da un aquila cavalcata da un angelo. Al di sotto del Giudizio Universale si può ammirare la statua in legno di S. Sebastiano di autore ignoto nel cui petto è incastonato un reliquiario contente del sangue e un frammento di osso del santo omonimo.